Uno è meglio di due o più. Fino a qualche tempo fa, non c’era maison che non ampliasse i propri orizzonti, che espandesse il proprio “impero”. Credere nel valore della diversità era un principio che andava bene, era al passo con i tempi, c’erano nuovi mercati da conoscere e conquistare, necessità di differenziare le linee per soddisfare le esigenze di un nuovo pubblico e stupire il vecchio.

Ma cosa succede quando si differenzia troppo, quando si conquista tutto e non rimane nient’altro da prendere? Cosa succede quando si capisce che differenziare troppo non basta più?

Semplicemente si ritorna alle origini; anche se nel caso dei brands, il discorso è un tantino più complicato. Immaginate di essere un brand conosciuto in tutto il mondo, immaginate che da voi ci si aspetti sempre qualcosa di nuovo, il giusto equilibrio tra eleganza, originalità e lusso, e per accontentare tutti, vi sdoppiate, vi triplicate, vi fate in quattro, tanto che alla fine quasi non vi si riconosce più e ci si chiede quale sia la vostra vera faccia, la vostra vera essenza, per così dire.

Due esempi su tutti. Ricordate Dolce&Gabbana? Decisero di creare D&G, una linea parallela ma convergente alla linea ufficiale. Entusiasmante, sempre molto affine all’estetica principale, ma nulla di che. E che dire di Marc Jacobs quando creò Marc By Marc Jacobs? Bellissima, ma di nuovo oltre alla mancanza del cognome all’inizio e qualche novità, cosa c’era?

La fine di entrambe le “secondo linee” è stata la chiusura, o meglio, il riassorbimento nei primi ranghi. Ultimo, ma solo cronologicamente parlando, è stato Burberry.

Il noto brand britannico aveva lanciato sul mercato ben tre linee ( la Prorsum, la London e la Brit, un po’ come le tre caravelle) nel corso degli anni. Ognuna di esse esprimeva un lato diverso del brand: quello più rock and roll, quello più cosmopolita, ma tutte e tre erano unite da un rispetto per la tradizione e un passato glorioso. Quindi, cosa è successo da stravolgere i piani? Come mai si tornerà a chiamarla solo Burberry?

“La nuova label sostituisce le tre linee precedenti semplificando la presentazione della gamma completa di prodotti Burberry”, questo è quanto dichiara il brand. Ma verrebbe da chiedersi quale sia verità. D’altronde, non rappresentavano il brand anche prima? La verità sta nelle seguente parole di Christopher Bailey, CEO e direttore creativo del brand: “Il comportamento del cliente lusso è in continua evoluzione, lo stile è più fluido e questo si riflette anche nelle modalità di acquisto. I cambiamenti che stiamo facendo ci permettono di incontrare i bisogni del nostro pubblico in modo più intuitivo. Unificando le nostre tre linee sotto un’unica etichetta possiamo anche offrire un’esperienza molto più coerente delle collezioni Burberry”.

La verità è che tre linee sono una gran bella cosa, ma presentano dei notevoli lati negativi: più di due collezioni durante l’anno, necessità di differenziare ma sempre ad un livello altissimo, e con un indice di originalità costante. La verità è che tre linee sono esasperanti e dispersive, perché confondono il cliente, perché gli offrono un’ampia gamma di scelta ma gli fanno perdere il punto focale del brand, quella nota caratteristica che lo fa amare. Ma era necessario, per caso, un leggero calo delle vendite o la saturazione dei mercati per capirlo?

Intanto, attendiamo il 2016 per l’unificazione completa, godendoci la nuova campagna Festive 2015 ( scoprite di più su Burberry lancia la Campagna Fesitve 2015) e ricordandoci il nuovo mantra del mondo fashion: One is better than more.

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