All the World’s Future” è il titolo della 56ª Biennale di Venezia. Una rassegna che parla di futuro e guarda al futuro, ma che si aggancia alla storia, per riflettere sulle macerie, le utopie, le paure del presente.
L’ esposizione del 2015 – secondo le dichiarazioni del direttore Enwezor – torna a confrontarsi decisamente con le macerie della storia degli ultimi due secoli, con il cambiamento incessante delle ideologie e a misurare, attraverso i linguaggi dell’arte che lo rappresentano, la profonda inquietudine di un tempo che accumula e distrugge.
È l’Angelus Novus di Klee che ha il viso rivolto al passato , fatto di rovine su rovine, ma dalla visione del passato riceve una spinta irresistibile verso un futuro diverso.
E troviamo il fil rouge dell’Angelus Novus  nella mostre alla Fondazione Querini Stampalia, dove la Fondazione Furla ha presentato “Logica del Passaggio” di Maria Iorio e Raphael Cuomo, vincitori del Premio Furla 2015, un progetto video che reinterpreta eventi e racconti legati all’emigrazione.
In linea la mostra “Venice: Objects, Work and Tourism “dell’artista americano Jimmie Durham, un’installazione fatta di oggetti nuovi, una combinazioni di vetri e mattoni antichi con elementi quotidiani.
Un’installazione di grande impatto visivo e coinvolgimento emotivo è ” La collezione di un archeologo”, il progetto dell’artista russo Grisha Bruskin, ospitata nell’ex chiesa di Santa Caterina, a cura di Giuseppe Barbieri e Silvia Burini.
È stato ricostruito un vero sito archeologico, dove trovano posto frammenti di statue dell’artista rappresentanti i normotipi sovietici prima del crollo dell’impero sovietico e che l’artista stesso ha frantumato, sepolto vicino ad una necropoli etrusca, per poi riportarli alla luce dopo una vera e propria campagna di scavo archeologico.
Al visitatore è offerta la possibilità di guardare dall’alto le scorie rovinose di un passato doloroso e di interrogarsi sull’ordine apparente del potere.
Una metafora del futuro del mondo è senza dubbio Becoming Marni, curato dall’architetto Stefano Rebolli Pansera, dove Cicero Alves Dos Santos, alias  Veio, un artista brasiliano autodidatta, dà nuova vita a legni e ciocchi, trovati nel suo girovagare lungo le sponde dei fiumi, reinventando un mondo gioioso. 100 sculture di legno colorato, figure enigmatiche e surreali, alberi danzanti, incuranti dei problemi della deforestazione.
Berna Reale, un’ artista brasiliana, socialmente impegnata, considerata  la Marina Abramovich del Sudamerica, denuncia l’abuso del potere e combatte contro le ingiustizie sociali nell’evento collaterale ” Eccoci ! ” in cui sono state riproposte performance attuate a Belem, sua città natale, e non presenti nel padiglione brasiliano della Biennale.
Immagini: Courtesy Press Office