Luigi Brugnaro è sindaco di Venezia da poco più di un mese, ma il suo mandato ha già scatenato forti polemiche.

Fra i suoi primi provvedimenti, infatti, c’è quello di stilare una lista di libri per bambini da censurare e ritirare dalle biblioteche delle scuole pubbliche, un episodio che richiama alla memoria precedenti di censura tristemente famosi. Questo virtuale rogo di libri ritenuti scomodi ha suscitato la reazione, fra le altre, di Amnesty International Italia e adesso anche di 236 autori italiani che hanno rivolto un appello nei confronti del primo cittadino veneziano. La richiesta si riassume in poche righe: «Signor sindaco, cortesemente bandisca anche i nostri libri. Non vogliamo stare in una città dove vengono banditi quelli di altri».

Fra i firmatari dell’appello, promosso da Andrea Valente e Matteo Corradini, troviamo Michela Murgia, Massimo Carlotto, Altan, Piergiorgio Odifreddi, Loredana Lipperini. Tutti insieme contro l’indice dei libri che erano stati distribuiti l’anno scorso nell’ambito del progetto «Leggere senza stereotipi», voluto dall’allora delegata ai Diritti Civili del Comune Camilla Seibazzi. Libri accusati di propagandare la cosiddetta “teoria del gender”, espressioni, secondo il sindaco, di una visione “personalistica” che una potente minoranza vorrebbe imporre ai cittadini italiani. Libri dedicati all’omosessualità e alle nuove famiglie (è il caso, ad esempio, di Piccolo uovo di Francesca Pardi o Jean a deux mamans di Ophelie Texier) ma anche al razzismo e alla discriminazione fisica o religiosa.

Finora sono più di trentamila le persone che hanno firmato contro questa iniziativa, tanto che Brugnaro ha dovuto fare parzialmente marcia indietro, precisando che molti dei volumi da lui messi all’indice «sono notoriamente straordinari e verranno certamente ridistribuiti, come ad esempio le opere di Leo Lionni Piccolo blu e piccolo giallo e Guizzino».

I libri gender, tuttavia, restano nel mirino del sindaco, ma, come ricordano i 236 autori firmatari dell’appello, la libertà di espressione vale per tutti o non vale per nessuno, mentre Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, fa notare che «il pluralismo e la diversità sono espressioni di una visione nient’affatto “personalistica” come egli ritiene, bensì universalistica, basata sui diritti umani».

 

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