23:30 di notte, mansarda di casa di Italo Bracci. La parola fine

 Questa città è meravigliosa. Prima di tutto, mi piace perché è antica, fondata centinaia di anni fa da coloni coraggiosi che hanno sfidato il mare e le tempeste; in secondo luogo, per come va in porto tutto quello che faccio da quando sono qui; e poi, ultima ragione, perché questa è una città di mare. Per vederlo brillare, basta allungare lo sguardo da ogni viuzza, da ogni strada parallela al tracciato principale che taglia in due i quartieri, da ogni piazza, dalle finestre; puoi sentirti lontano quanto vuoi dalla spiaggia, ma vedrai sempre, da ogni parte della città, il mare. A me sembra stupefacente. È come non essere mai soli, non riuscire mai a perdersi veramente, avere sempre un punto fermo a cui affidarsi.

La ricerca degli alias con Italo e con la sua amica sta procedendo bene e lui non potrebbe essere più fiero di me. Il vecchio scrittore è una miniera di consigli, raccomandazioni, accorgimenti: non ho mai imparato tanto sulla scrittura come nelle ultime settimane. Poi ci sono i libri che Italo mi consegna da leggere, così originali, innovativi, ben scritti e di cui non avrei mai nemmeno sospettato l’esistenza.

Grazie a tutti questi stimoli – il mare, i consigli, i libri nuovi – sono riuscito a finire il mio romanzo. Finalmente. Ho appena scritto la parola fine, e la sensazione è indescrivibile. Gioia, certo, realizzazione personale per essere riuscito a dire tutto quello che speravo, per essere riuscito a vincere la sfida con me stesso; ma anche la nostalgia di dover lasciare personaggi a cui mi ero affezionato, luoghi che avevo imparato a frequentare, pieno di ricordi proprio come dopo un’esperienza vissuta nel mondo reale con persone vere.

Comunque, la prima persona che doveva sapere della fine del libro era, ovviamente, Mila. Chi se non lei?

La mia Mila, occhi castani e profumo di cannella, la mia critica letteraria personale, il bacio e il caffellatte prima di mettermi a scrivere, lei che non capiva mai i finali dei capitoli e dovevo rispiegarglieli ogni volta, i brontolii se la svegliavo all’alba alzandomi per appuntare qualche idea venuta nel sonno, quell’espressione imbronciata quando mi perdevo a parlare di metaletteratura e tipi di taccuini, gli incoraggiamenti, l’entusiasmo… ma anche incomprensioni, l’aver messo fine alla nostra convivenza per un capriccio, di punto in bianco, l’avermi lasciato, insomma, da solo nel momento in cui avevo più bisogno di lei. Non era stato, in qualche modo, un tradimento?

Scrivere la parola fine, però, mi ha messo troppo buonumore per pensare alle mancanze di Mila e ho finito col ricordarmi di tutto quello che lei, invece, ha fatto per me.

È una sensazione che si prova raramente, il dare la fine a qualcosa.

Di solito, le cose finiscono da sole senza darci la possibilità di decidere: gli anni di scuola, un periodo della vita, il nostro libro preferito mentre lo stiamo leggendo, e spesso ci ritroviamo con il cuore e la testa ancora lì, incapaci di pensare che sia tutto finito e di adattarci alle nuove situazioni. Possono concludersi anche parti intere di noi, addirittura senza il nostro consenso o controllo, per ritrovarci, da un momento all’altro, senza provare più nulla per quello che prima ci rendeva felici. Di contro, quando si prova a far finire qualcosa, non sempre ci si riesce: in effetti, le cose non possono accendersi e spegnersi come sollevando o abbassando un interruttore.

Per questo mi considero fortunato ad essere riuscito a scrivere la parola fine. Mila doveva essere la prima a saperlo perché con lei non ci riuscirei mai.

 

10 del mattino, casa di Italo Bracci. L’esempio degli altri

  • Sono fiero di te, Boris! Questo romanzo sarà eccezionale.
  • Grazie, Italo. Non ce l’avrei mai fatta senza i tuoi consigli…
  • Sappiamo entrambi che non è vero: hai stoffa e sei giovane! Ad uno scrittore giovane sono concessi spazi maggiori che ad uno vecchio affermato, si pretende solo che prenda sul serio quello che ha cominciato a fare. E poi, ci sono il beneficio del dubbio e della selezione naturale.
  • Selezione naturale?
  • Certo! Sai quanti aspiranti scrittori mollano dopo il loro primo libro? Semplicemente, non riescono a trovare altre idee, altri stimoli, altre parole. Oppure, smettono di credere in loro dopo aver incontrato gli altri “colleghi”; se uno scrittore perde fiducia in quello che scrive, è la sua fine.
  • Aspetta, ma… questa cosa non è successa ad uno dei tuoi alias?

Italo Bracci sorride.

  • È vero! Piedi a terra uscì nel 1990 sotto il nome di Sal Agosto; lui mollò la scrittura senza pubblicarne altri…
  • È sempre più assurdo che tu parli dei tuoi pseudonimi come di persone vere. Mi ci sto abituando, comunque.
  • Sono solo un vecchio scrittore, Boris: non è previsto che abbia tutte le rotelle a posto!

 

19:59 della sera, lungomare di Emilia. Il segno sul muro

Il mare alla mia destra, una parete tutta piena di murales a sinistra. Sono le parole di chi è passato da Emilia anche solo di sfuggita, segni sui muri che riassumono un istante, un’esperienza, una vita intera.

Ho lasciato anche io un messaggio; che parola, se non MILA?

Scritto lì, in inchiostro rosso, come i suoi capelli.

Aspetta… c’è uno scarabocchio lì accanto… no, è una parola!

BORIS. Scritto in verde. Il mio colore preferito.

Lei è qui! Mila è a Emilia! Com’è possibile?

  • Smartphone, chiama Mila!
  • Chiamata a Mila in corso…

Inizia a squillare.

  • Pronto?
  • Mila!
  • Ciao… ehm… posso richiamarti? No, aspetta, scusa, lascia stare, chiudo subito!

E uno stridio sordo dall’altro lato, un tonfo, vociare.

  • Pronto? Pronto? Pronto?!
  • Buonasera, Boris.

La mia stessa voce.

  • Bruno! Che diavolo fai…
  • Dimenticati di Mila, chiaro? Non ha più niente a che fare con te! È mia.
  • Sei solo un criminale, hai capito?! Non azzardarti a toccarla…
  • Altrimenti? Scrittore… puah! Le prenderai in mano le redini della tua vita, Boris? Oppure rimarrai fatto solo di parole?

 

20:55, lungomare di Emilia. Molo

  • Pronto? Polizia? Devo denunciare un sequestro, aiuto…

Nessuna risposta. Italo saprà di sicuro dove posso trovare un…

  • Ehi!

Loro due. Mila e Bruno. A un centinaio di metri, più in là sul lungomare. La trascina per il polso, la mia Mila…

E adesso? Rimanere a guardare da lontano o affrontare ancora Bruno? L’istinto è di iniziare a correre verso di loro, placcarlo e farci a cazzotti, ma devo agire d’astuzia: lui è più forte di me e l’ultima volta sono stato solo fortunato. Cambio strada e provo a raggiungerli alle spalle.

Stanno sicuramente per imbarcarsi. Sul molo, una fila di aliscafi oscilla sbattuta dal mare increspato. Possono andare dappertutto con uno solo di quelli e smarrirsi chissà dove… sarebbe terribile, la perderei davvero.

Appena alzo lo sguardo, le luci di una nave da crociera mi pizzicano gli occhi filtrando attraverso una grande vetrata dal ponte principale; all’interno, sta cominciando la serata di gala. Sulla passerella calata sul molo, invece, un giovane addetto e un paio di coppie eleganti che stanno giusto sbarcando. L’immenso profilo della nave copre tutto l’orizzonte. Brillano per un istante dei riflessi sulle onde, ho un’idea. I pensieri sono dei lampi:

Bruno. Mila. La crociera. Il mare. Io. Una luna blu. L’umidità dell’aria.

Eccoli! Sono alle loro spalle, adesso, assorbito dalla folla, un cappellino calato sulla faccia; lui si guarda intorno, sospettoso, sarà una “deformazione professionale”, ma non si accorge di me. Per questo aliscafo, l’imbarco è oltre due colonnine strette, superando dei tornelli automatici: dopo di quelli, però, raggiunta la banchina del molo, si può arrivare anche alla nave da crociera. Bruno e Mila passano il controllo, sono a pochi metri dal catamarano.

Un ruggito di motori che si accendono. Scompiglio nella folla.

Io ci provo, e salto. Supero il controllore, corro verso Mila. La acchiappo all’improvviso, Bruno non riesce a trattenerla.

  • Mila, VIA!

Lei è veloce, guizza insieme a me. Acquistiamo perfino un po’ di vantaggio, perché lui è robusto e non è riuscito a oltrepassare il grosso della folla; il mucchio di gente impaziente di imbarcarsi, i trolley e gli zaini sono una muraglia impenetrabile.

Bruno ne esce, però. A spintoni. Urla imprecando qualcosa, ha gettato a terra dei passanti, il vociare aumenta, qualcuno chiama la sicurezza, rumore di rotelle di trolley che vengono spinti via, di tela di zaini appallottolata. Il catamarano continua a rombare, si sente l’acqua che viene rimescolata giù dalle turbine. Io e Mila acceleriamo quando le acchiappo la mano e ci guardiamo per un attimo negli occhi e scansiamo il ragazzo di servizio e balziamo su per la passerella della crociera e siamo dentro.

Siamo nel ventre della nave gigantesca, col cuore che galoppa, ma all’unisono.

L’attimo in cui ci fermiamo a riprendere fiato lo sfruttiamo per baciarci, finalmente.

 

21:30, interno della nave da crociera. Il labirinto

Mila caccia un urlo: Bruno è appena apparso sulla porticina da cui siamo entrati nella nave!

Corriamo e ci sembra di attraversare i corridoi tutti uguali di un labirinto. Ascensori, scalette, immensi saloni ovali, cabine scorrono sotto i nostri occhi, e chissà perché penso che con Mila una crociera la programmavamo da tempo, magari verso i fiordi e le scogliere del Nord, e mi chiedo questa nave per dove faccia rotta.

La vita dei passeggeri sembra così tranquilla! Rilassati, in panciolle sui divani, ai tavoli per la cena, in fila davanti al cinema: di sicuro non hanno un Bruno da cui scappare! È come se lui fosse dietro di noi in ogni momento, come se non potessimo fare molta strada o salire di piano senza il suo fiato sul collo, la sua presenza alle spalle.

  • Boris, attento!

Stavo per cadere giù dal ponte.

  • Fermiamoci un attimo…
  • Non stavi guardando? Andavi dritto contro il parapetto!
  • Ero solo sovrappensiero, Mila…

Lei inizia a ridere.

  • Stavi pensando al tuo libro?!
  • Quando ci lasceremo Bruno alle spalle, lo leggerai.
  • Lasciamolo qui. Torniamo indietro, verso l’ingresso della nave. Usciamo, andiamo via.
  • Tornare sui nostri passi? Andargli incontro, in pratica…
  • Rischiamo, Boris!

 

Quanto tempo è passato da quando siamo entrati qui? Minuti? Ore? Ripercorriamo il labirinto da cima a fondo, ma di Bruno nessuna traccia. Usciamo correndo dalla nave, invisibili tra i passeggeri, le luci, i tetti di cristallo dei saloni.

Saltiamo giù. Usciamo nel fresco della sera e Mila viene inargentata all’improvviso da un bagliore di luna. L’inserviente sbuffa e gesticola qualcosa verso di noi, che siamo già sul molo. Lo vediamo ritirare la passerella, chiudere lo sportello, spegnere la luce del piccolo corridoio di ingresso. È fatta: Bruno è rimasto nella nave.

Mila mi abbraccia.

  • Rimarrai solo mia, adesso?
  • Mai stata di nessun altro.

Iniziamo a camminare lungo il molo, abbracciati, sotto una fila di lampioni. Odore di mare.

  • Abbiamo un po’ di cose da raccontarci, piccola.
  • Non vedo l’ora! Posso rimanere a dormire da te?
  • Beh, guarda… ci devo pensare…

Mi allunga un pizzicotto sulla spalla. Ridiamo.

  • Ti ricordi quand’eravamo a casa mia, qualche mese fa? Quando dovevi iniziare il libro e non sapevi che cosa raccontare?
  • Sì, certo. Sembra passata un’eternità: com’erano le nostre vite prima di quel momento?
  • Esagerato…
  • Sul serio! È come se quel giorno si fosse alzato un sipario, fosse cominciato uno spettacolo o un film o…
  • O un libro. Come se fosse iniziata la storia raccontata in un libro!
  • E dallo scrivere articoli per #BlogBoris sono passato alle corse a perdifiato dentro le navi…

Il trillo di una notifica.

  • Non ti metterai a rispondere alle mail proprio adesso, Boris?!

Ho già preso lo smartphone: è un gesto automatico. L’SMS è lungo un paio di pagine.

  • No, non è una mail… è Italo. Dice che ha appena finito di parlare con un amico.
  • E a noi cosa interessa?
  • L’amico è il direttore del più importante giornale di Emilia. Italo gli ha parlato di me! Gli ha fatto leggere qualche articolo di #BlogBoris, insomma… dice che l’ha convinto ad assumermi, Mila!

Mi abbraccia e il suo calore mi risale per la spina dorsale.

  • Non sembra affatto male questa città: potremmo rimanere qui fino alla fine dell’estate. Che ne dici?

Spengo lo smartphone, le metto un braccio attorno ai fianchi. La strada si allunga davanti a noi: da un lato il mare, dall’altro le luci intermittenti ed i rumori di Emilia. Macchine che sfrecciano. Porte che si aprono. Persone che si salutano.

  • È un’ottima idea, piccola. Per stanotte, comunque, ci siamo solo noi due. Anzi… io, te e questa strada piena di parole.