Tra le quattro grandi capitali della moda, Londra è certamente quella che sperimenta di più. Uno sperimentare non fine a se stesso, ma una ricerca qualitativa e costante di nuovi talenti.

Certamente, avere scuole come la prestigiosa Central Saint Martin, da cui sono usciti stilisti come Stella McCartney e Alexander McQueen, per citarne alcuni, aiuta nello scovare  e supportare le prossime generazioni di designers, aiuto che continua lungo il loro percorso di crescita professionale grazie al British Fashion Council e al programma Newgen ( nuove generazioni), e non solo.

Tra i nuovi nomi da tenere d’occhio, non possono mancare Nabil Nayal, Georgia Hardinge e Minki Cheng. Nabil Nayal punta su un fascino elisabettiano, tra gorgiere e disegni stampati realizzati personalmente dal designer che animano gonne plissettate, cappotti che sono espressioni di nuove geometrie. Il tutto condito da tulle per dare un tocco regale, per una collezione “ad effetto”.

La Dinasty Collection di Georgia Hardinge predilige toni romantici e silhouette definite; la palette di colori, dominata dal bianco e dal mix di questo a colori forti come l’arancione e il giallo, rende gli abiti, da sera e da giorno, apparentemente semplici qualcosa di più di un semplice capo da indossare. La ricerca estetica qui è tutta nel primo impatto visivo.

Così come da Minki Cheng, che traccia con semplicità e armonia la sua ricerca della bellezza. C’è colore e asimmetria, ma a dispetto dei primi, c’è un qualcosa di acerbo, di indefinito, nella costruzione degli abiti, dei pantaloni e dei cappotti oversize, e nei dettagli frou frou.

Da non dimenticare inoltre, per il suo sperimentalismo e la ricerca di un’estetica fuori dal comune,  c’è certamente Claire Barrow. La sua presentazione “Broken Machines” ha catalizzato l’attenzione per la sua interpretazione della realtà contemporanea: l’eccessivo affidamento nella tecnologia e le paure che vengono in superficie quando la tecnologia non funziona o semplicemente non basta. Tra abiti di seta per la sera e completi che strizzano l’occhio sia alla stagione invernale che estiva, borse a mano in pelle, calze al ginocchio stampate, tra jersey e denim, si vede uno scorcio di una collezione sperimentalmente ottima e anche “portabile”.

Perché è questo il punto. Sperimentare per creare qualcosa di nuovo è un percorso interessante per giungere ad una meta, una delle quali è il creare abiti che possano essere indossati, sennò non è più moda ma arte, ma quella è un’altra cosa.

 

Immagini: Courtesy of Press Offices