La vita media di una capo di abbigliamento è qualcosa di oltremodo soggettivo. A decretare deceduto un vestito, sono spesso i nostri gusti personali , influenzati dai mass media e dalla pubblicità, e più di rado concrete esigenze non aggirabili, come il tanto temuto aumento di peso.

Si stima che oggi giorno, ogni italiano produca in media 4 kg di abiti dismessi ogni volta che si affronta il cambio di stagione, per un totale di 80mila tonnellate annue che non sempre vengono smaltite nel migliore dei modi. In questo momento di profonda crisi economica utilizzare al meglio ogni tipo di risorsa è assolutamente d’obbligo, così nascono progetti e iniziative per far rinascere a nuova vita quegli indumenti che per altri hanno già fatto il proprio tempo.

Oltre agli innumerevoli mercatini dell’usato, alle fiere del baratto e alle aste on-line, dove impoveriti consumatori di massa cercano spasmodicamente l’affare della loro vita, fioriscono progetti eco-friendly  come quello di H&M: i suoi clienti ricevono buoni sconto in cambio dei loro capi smessi, sicuri che questi ultimi verranno trattati responsabilmente dall’azienda svizzera I:Collect, specializzata nel riciclo della fibra tessile.

Ci sono abiti e accessori che rimarranno intramontabili nell’immaginario comune, capi che vivranno in eterno, come il sobrio e affascinate vestito lungo di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany , l’abito da sposa di Jackie Kennedy o i pantaloni capri di Brigitte Bardot. I pezzi di questo calibro non sono soggetti allo scorrere del tempo, non invecchiano, diventano vintage, travalicano il concetto di trend e continueranno a  dettare  i canoni dello stile e del buon gusto. Per tutto il resto il ticchettio dell’orologio avanza impietoso, certo,  ci sono acquisti particolarmente azzeccati che rimarranno nel nostro armadio per decenni  perché facilmente rinnovabili grazie a nuovi abbinamenti, oppure,  per quelli di noi più creativi una camicetta potrebbe diventare un foulard e una felpa una shopper per la spesa o per i libri, ma sono solo esempi sporadici.

Ogni guardaroba dovrebbe essere fornito di quei passepartout, come un tubino, una t-shirt bianca e un paio di decolté, dai quali partire per creare outfit sempre nuovi, e perché no,  anche  socialmente responsabili. Per combattere la crisi, la soluzione non è la rinuncia incondizionata, ma lo shopping consapevole unito ad un saggio uso di quello che già possediamo.

Lucia Abbate