La 67.ma edizione del Festival del Cinema di Cannes è stata, fino ad ora, un susseguirsi di film non eccellenti su personaggi che in qualche modo hanno segnato la nostra epoca.

Omaggi o semplici storie raccontate secondo la visione dei diversi registi. Ad aprire il Festival è stato Grace di Oliver Dahan, film stroncato dalla critica per la sua mancanza di attinenza con i fatti e lo scarso spessore dei personaggi.

L’ottima recitazione di attrici del calibro di Paz Vega e Nicole Kidman non sono state sufficienti a rendere appassionante il film.

Forse, la cattiva pubblicità precedente all’uscita del film, data la mancata condivisione della famiglia monegasca, non ha ben disposto gli spettatori nei confronti del film.

Stroncato anche il film “Welcome to New York” di Abel Ferrara. Questo simil-biopic racconta la vita senza freni e lussuriosa di Dominic Strauss Khan, ex direttore del Fondo Monetario Internazionale, che ha perso il suo prestigio politico e la corsa alle primarie di Francia travolto da uno scandalo sessuale.

Gerard Depardieu interpreta Strauss, francese non amato dai suoi compatrioti proprio come l’attore. Ossessionato dal sesso, Depardieu-Khan ne fa argomento di discussione in ogni caso e in ogni luogo, non guarda mai oltre il punto vita delle donne che incontra.

Organizza festini al limite della follia, si lascia travolgere dalla parte più oscura di sé, e travolge con la sua mole imponente le partner occasionali che gli si presentano.

La dipendenza dal sesso occupa per poco più di un’ora la parte iniziale del film ed è raccontata in maniera ossessionante, se pur sempre obiettiva.

Triste la parte dedicata alla signora Sinclair Khan, interpretata da Jacqueline Bisset: un’interpretazione che non riesce però a rendere la tristezza, il disgusto e il coraggio di una donna che ha realmente dovuto sopportare la più difficile delle prove.

Il film ha scatenato scene di panico all’ingresso della proiezione e molti invitati hanno accusato malori, il tutto accompagnato da continue urla di sottofondo contro il film.

Mentre il regista si è giustificato dicendo che la sua è la fedele trasposizione di ciò che accadde realmente, critici e pubblico si sono interrogati su come definire un film che nessuno voleva a Cannes, un film a tratti quasi impossibile da vedere, e forse proprio per questo motivo non sarà portato nelle sale, ma sarà disponibile in streaming su alcune piattaforme in Francia, Germania, Italia, Spagna.

Il Depardieu del finale in kimono lungo una strada notturna dà il colpo finale ad un film che poteva essere qualcosa di più di una semplice storia di sex-addicted.

Stupisce Cronenberg, che ha trovato il suo “divo” nell’ex vampiro Robert Pattinson, con il suo Maps to the Stars. Accanto a Pattinson, nel cast sono molti i nomi illustri come Julianne Moore, Mia Wasikowska, John Cusack, Sarah Gadon, Olivia Williams, e Carrie Fisher.

Le Maps del titolo sono nella realtà quelle che vengono vendute a Los Angeles per sapere dove vivono i divi di Hollywood. E proprio la Mecca del cinema è un pretesto per raccontare altro. I personaggi sono persone prive di punti di riferimento, il regista viola i loro corpi tramite la mutazione fisica, li rende alienati e a volte alienanti.

I vivi scompaiono mentre i defunti non fanno altro che apparire, si parla sempre di questo o quel personaggio. Una storia raccontata tramite la lente del sarcasmo che accompagna tutto il film, e un‘ironia a volte un po’pedante. Fortunatamente, Cronenberg è capace di regalare grandiosi colpi di scena, lasciando di stucco protagonisti e spettatori.

Passato in sordina ma molto apprezzato è stato Foxcatcher di Bennett Miller, con Channing Tatum, Steve Carell, Mark Ruffalo, Anthony Michael Hall, Sienna Miller, Vanessa Redgrave. Il film è basato sulla vita di John du Pont, erede dei magnati dell’industria chimica omonima. Malato di schizofrenia paranoide, John du Pont passò tristemente alla cronaca per aver ucciso il lottatore olimpico David Schultz, frequentatore della struttura sportiva da lui costruita.

Molto atteso è stato l’arrivo di Ryan Gosling con il suo primo film da regista, Lost in River. Sono in molti a ritenere che gli applausi siano andati più a lui che al suo film, un film visionario e gotico, cupo, per alcuni apocalittico, accompagnato da musiche molto incisive per l’impatto emotivo. Una prima prova che non è di certo brillante per uno come Gosling, capace di raccontare storie impossibili, che non è riuscito a dare fluidità al racconto.

Immagine: Harper’s Bazar UK. Nella foto: Ryan Gosling