08:06 del mattino. Casa di Boris, camera da letto. Buongiorno, blogger!

Ieri a quest’ora sarebbe stato impossibile da credere, eppure l’avevano fatto davvero. Lo avevano scritto sul serio, eh, e confermato un paio di volte a giornalisti diversi. Chi è stato? Di sicuro, non i miei amici, non avrebbero avuto voglia di mettermi tanto in difficoltà; Mila o Freni, nemmeno a parlarne. Devo arrendermi all’evidenza: l’iniziativa è partita spontaneamente dai miei lettori, da tutti quelli che seguono #BlogBoris ogni settimana. Dovrei sentirmi gratificato dall’avere un pubblico così fedele che crede in me, appagato perché quello che hanno fatto è il giusto compenso per la fatica di gestire due anni di blog costantemente aggiornato; ma allora, perché mi sono svegliato all’alba e da ormai non so più quante ore sono sdraiato a letto, un piede sotto e un piede fuori dalle coperte, a grattarmi la pancia e fissare il soffitto?

Suona all’improvviso la sveglia del tablet e la stanza si riempie delle note di apertura di I got a woman di Ray Charles; mi alzo solo quando inizia l’assolo di sax, scuotendo la testa a tempo con la musica, stropicciando gli occhi. Mi serve una doccia. Dove ho lasciato le pantofole? I got a woman way over town that’s good to me, oh yeah! Mi chiedo come faccia Ray ad essere così vispo già di prima mattina, poi mi ricordo che questo è il brano con cui la sua carriera è decollata e quindi un po’ lo capisco, fa bene a metterci tanta energia. Me lo immagino a colpo d’occhio su un palcoscenico, magari a Philadelphia, seduto a suonare il piano con i suoi occhiali scuri, un grosso sax dorato sulla sinistra, dita che scivolano sicure sulle corde del basso, i piatti della batteria impazziti; è elegante, Ray, con il papillon nero ed i capelli brizzolati. Alla fine, sono rimasto in piedi in pigiama e senza pantofole col tablet in mano, ad aspettare la fine della canzone. Si spegne la sveglia e osservo la stanza, ma non riesco a distinguere granché. Miopia.

Appena sveglio non sono molto loquace: ho bisogno dei miei tempi – e di un caffellatte – per cominciare la mattina, ma Ray Charles aiuta. Nell’appartamento del piano di sotto hanno acceso la TV: non ho mai capito se sono i muri di divisione ad essere sottili o i miei vicini a tenere il volume troppo alto.Ray

 

09:35 del mattino. Casa di Boris, cucina. Lettori, ricordi e treni.

L’acqua della doccia mi ha aiutato col flusso dei pensieri. Giuro che mi sento meno frastornato. La mia cucina è una stanzetta col tavolo, i fornelli e un microonde. Si, certo, frigorifero e credenza a parte. Ci sono dei piatti colorati appesi al muro e qualche forchetta nel lavello, io sto sorseggiando il caffè dalla tazzina e mi gratto la barba. Dalla TV dell’altra casa si sente la sigla del TG; chissà se parleranno anche del Contest Letterario del sindacato degli scrittori, chissà se diranno che da tutte le parti sono arrivate candidature per me, Boris di #BlogBoris, e che alle perplessità ed obiezioni della stampa – giustificatissime: io non sono uno scrittore – i miei lettori hanno replicato all’unanimità che in tempo per la scadenza del concorso avrei presentato un romanzo di gran lunga più interessante di tutti gli altri: “Lasciategli tempo, rimarrete senza parole”.

  • Io me lo sentivo che finiva così – e lo dico sciacquando la tazzina nel lavabo.

In effetti, in un articolo dell’altro mese sulle nuove promesse della scrittura, ero stato citato a mia insaputa. Avrei voluto mandare una mail, rispondere che “Ehi, io sono solo un blogger di esperienze!”, ma Mila mi aveva persuaso a lasciar correre e ad accettarlo come complimento. Adesso, però, ci sono in ballo un sacco di questioni: i rapporti con i miei lettori, che se mi tiro indietro si sentiranno traditi, con il sindacato degli scrittori, che se nego di essere un vero scrittore mi ridicolizzo da solo, con la stampa, che di certo non mi dedicherà più articoli, con gli editori, coi social network, con me stesso… non che mi fosse mai importato tanto del parere degli altri da lasciarmici suggestionare, sia chiaro, ma la questione della scrittura tocca un qualcosa di profondo, un ricordo d’infanzia, un sogno che mi rendo solo adesso conto di aver dimenticato chissà quanto tempo fa.

Oggi ho ventisei anni. Quando ne avevo undici, però, non volevo fare lo scrittore? Provo ad immaginarmi più piccolo, i capelli pettinati in modo ordinato, una felpa colorata e i jeans strappati al ginocchio, un ovale per sagoma del viso, gli occhi vivaci. Sto sorridendo, seduto al centro del soggiorno di casa di nonna, faccio scorrere la penna su certi fogli di carta colorata. Sto scrivendo una storia.

All’improvviso mi ricordo che scrivere è stato per me uno di quelle aspirazioni che poi le circostanze della vita e la pigrizia ci portano a dimenticare; si crede che i sogni siano forti, ma in realtà sono fragili e hanno bisogno continuamente di cure: devono essere annaffiati e potati come una pianta, nutriti e lavati come un cucciolo, accarezzati come un innamorato. Questo contest può essere l’occasione per far rivivere quel sogno, il treno che passa una sola volta nella vita e ti ricorda chi sei davvero in base alla coincidenza che devi prendere; io non sono bravo come Mila ad orientarmi tra arrivi, binari, partenze e sottopassaggi, ma questo non lo vorrei proprio perdere!

10:30 del mattino, Via Miceli, ingresso del caffè letterario. Il taccuino del blogger

Dall’altro lato della strada una ragazza sbadiglia e mi ricordo di Mila.

  • Pronto?
  • Mila!
  • Boris! Buongiorno.
  • Com’è andata ieri?
  • In palestra, dici? Benone! Ora mi fanno malissimo i polpacci… tu che stai facendo?
  • Sono uscito adesso di casa, passo al caffè letterario.
  • Vai a scrivere per il blog? Ieri sera prima di andare a jazzercise ho letto l’ultimo articolo, quello sul nuovo libro di Quato Monroe… davvero pazzesco che cominci dalla fine e finisca dall’inizio.
  • Si, hai letto? Uno scrittore che non si è nemmeno mai fatto vedere in pubblico.
  • Infatti, tu ipotizzi che sia una specie di pseudonimo, oppure addirittura un ghost writer!
  • Esatto! Comunque si, sono venuto qui al caffè letterario per scrivere. Ci vediamo stamattina? Ho una notizia da darti!
  • Spero sia buona! Io mi sono svegliata da poco e sono in pigiama sul divano, ascolto la radio e bevo un tè nero… avrei la spesa da fare…
  • Passo a prenderti più tardi e andiamo insieme? Sono uscito con la macchina.
  • Mi farebbe comodo un passaggio… non dovevi fare la revisione?
  • No, è tra una settimana.
  • Beh, allora chiamami appena finisci in libreria!

E stacca senza darmi il tempo di dire “ciao”, torna ad ascoltare la traccia chillout in sottofondo. Me la immagino sul divano con i pantaloni del pigiama alla turca, la canottiera nera ed i capelli rossi tutti arruffati, il grosso gatto arancione accoccolato sopra i piedi nudi. Mila è così adorabile che mi innamoro di più solo ad immaginarla.

Suono il campanello e mi apre Francesca, che regge una pila di Quato Monroe in una mano mentre con l’altra li sistema uno per uno sullo scaffale delle novità vicino all’ingresso.

  • Questo scrittore ci ha letteralmente stregati, Boris! Non immagini quante ordinazioni stiamo ricevendo. A saper scrivere così!

E mi viene la pelle d’oca al pensiero che anche Monroe potrebbe partecipare al contest del sindacato degli scrittori: grattarsi la barba, in momenti del genere, è l’unica cosa sensata da fare.

Le scale del caffè letterario sono a chiocciola, con libri accatastati in colonna su alcuni gradini, portano alla saletta del primo piano: tavolini di legno, carta da parati violetto, un cd blues in riproduzione, il profumo del caffè, prime pagine di giornali aperte qua e là. Al bancone c’è Jules, massiccio e col grembiule bianco sempre troppo stretto, mi fa un cenno. Il mio tavolino preferito è esattamente a metà della sala, appoggiato al muro di destra.

Tolgo il chiodo di pelle, arrotolo le maniche della camicia, sistemo una bretella che intanto si era sganciata, tiro fuori il tablet dalla messenger, mi collego alla rete wi-fi del locale, rapida occhiata alle statistiche (e #BlogBoris, dopo le questioni di ieri, stava registrando un’impennata degli accessi). Gesti automatici di ogni mattina, quelli, diventati un’abitudine: del resto, credo mi riesca di scrivere veramente bene solo in quel tavolo di quel caffè letterario. Altrettanto fondamentale è il taccuino: pelle nera, formato pocket, pieno di note, freccette, frasi cerchiate, sottolineature, schizzi, piccole mappe concettuali delle piste da seguire, degli articoli in allestimento. Fare il punto della situazione è sempre necessario o mi perderei tra mille idee, a maggior ragione che in quel momento stavo raccogliendo informazioni su un fatto curioso, una notizia inusuale. Ho riletto lo stesso appunto una decina di volte, mi basta scorrere la pagina con gli occhi:

25 aprile, notte. In un quartiere di Miriana spariscono tutti i segnali stradali (comprese le lampade dei semafori; rimangono solo i pali infissi). L’ultimo ad aver visto i cartelli è stato un tale rientrando dalla movida, stragiurando che fluttuassero. Il traffico è impazzito (abbattuto un idrante, tamponamenti a catena, camion bloccati in strade troppo strette, litigi sulle precedenze alle rotonde). La mattina del 27 aprile i segnali riappaiono ai loro posti, misteriosamente.

Non era un caso isolato: di cartelli stradali scomparsi e poi risistemati correttamente avevano parlato anche ad Ines, Emilia ed Hestia.

  • Ora che so che stai scrivendo un romanzo, caffè gratis ogni mattina, Boris! Offre la casa!
  • Piotr!
  • Ho dovuto saperlo dal sito internet dei librai, mica dal mio amico e cliente affezionato!
  • Non ti offendere, ma è stata una sorpresa anche per me. Adesso sto sistemando alcuni appunti per un nuovo articolo, di cronaca stavolta.
  • Mi è piaciuto molto il pezzo su Monroe, sai? – Piotr incrocia le mani sul petto, restando in piedi davanti al mio tavolino – Dovresti pensare di inviarlo al Rotocalco, in questo periodo sono carenti in critica letteraria e poi, come scrittore esordiente, più fai vedere il tuo nome in giro e ti fai leggere meglio è! Prima di andartene passa alla cassa, ti lascio il contatto di una redattrice.

Tarda mattinata, quartiere Scianga, fuori dal supermercato. Avanguardie si, avanguardie no.

Vedo Mila picchiettare sullo schermo dello smartphone e scattare una foto della locandina appesa sulla porta automatica del supermercato.

  • Che cosa fai?
  • Fotografo i poster degli eventi che voglio ricordare; poi imposto la foto come sfondo di blocco e stai sicuro che non mi passano di mente. A volte, però, dimentico di cambiare salvaschermo quando l’evento è già passato.
  • Questo manifesto di che cosa è?
  • Una specie di spettacolo di avanguardia con due attori italo-ucraini, marito e moglie…
  • Andiamo, le avanguardie sono cose superate…
  • Beh, vanno in scena in quel piccolo bistrot caratteristico con gli sgabelli di legno e le carte geografiche alle pareti… non lo hai recensito sul blog tempo fa?
  • Ah, il Pèndant? Ci lavorava Freni la scorsa estate. Ospitano spesso spettacoli e reading: hanno un palchetto sul fondo della sala.
  • Quello! Domani sera alle nove. Ci andiamo?
  • Come si chiama lo show?
  • DIREZIONI: potrebbe uscirne un articolo per #BlogBoris, no?
  • Si, certo, come da qualsiasi cosa. Ti ricordi il pezzo sulle nutrie?

Tarda mattinata, pianerottolo di casa di Mila. Avrò bisogno del tuo caffè.

In piedi sulla porta di casa sua, dopo che lo ho portato le buste della spesa fin sul tavolo della cucina, lei già scalza e coi capelli raccolti, il piccolo neo sulla guancia sinistra, le dico della mia intenzione di cominciare a scrivere un romanzo per il contest.

  • Se me l’avessi detto prima… Che ci fai ancora qui? Vai a casa a scrivere!
  • Magari fosse così facile: parteciperanno degli scrittori emergenti veri, ed io sono più un blogger che altro…
  • E allora?
  • Dovrò compensare al fatto che non sono tecnicamente bravissimo trovando la storia giusta da raccontare.
  • A parte che un romanzo non è questione di tecnica ma di cuore… Non si può dire che la tua sia una vita anonima e tranquilla: perché non racconti di te? C’è gente che scrive autobiografie più noiose della lista della spesa…

Quando mi fa di questi sorrisi mi gira la testa, con i suoi occhi castani leggermente a mandorla, mentre mi stringe e del suo profumo di cannella e sigaretta mi ci riempio il naso, la gola, i polmoni. Sento il suo calore attraverso la camicetta appena le metto una mano sul fianco; lei mi appoggia la testa sul petto, quanto mi piace abbracciarla, la bacio sulla fronte, la guancia, le labbra.

  • Avrò bisogno del tuo caffè, piccola. Ma…
  • … mescolato con qualche goccia di latte, lo so! Ti aiuta a tirare fuori le buone idee.

Primo pomeriggio. Casa di Boris. Scrittore?

Ho inviato via mail l’articolo sul Monroe al contatto che mi ha dato Piotr, una certa Carola Rimario. Lo schermo del portatile lampeggia per un istante, poi si spegne in stand-by. Lo riaccendo e apro un foglio di testo elettronico. Raccontare la mia vita, è questo che dovrei fare secondo Mila, e, in effetti, è quello che faccio da due anni con #BlogBoris. Da che cosa iniziare, però?

Tento qualche incipit, ma non mi convincono. Forse dovrei prima scrivere con carta e penna e poi passare tutto al pc. Aspetta, vediamo un attimo:

Crescere e cambiare, crescere è cambiare. Sono nato ad Irene in un giorno di piog…

No, non mi piace per niente.

Mi chiama Freni, per oggi si mettono da parte tutte le aspirazioni letterarie.

Tarda serata, in macchina attraverso il quartiere dei Cinema. Dettagli mancati.

  • Bella serata, vero?
  • Molto! Non era male il film.

A Mila trilla il telefono. Nuova notifica.

  • È Simona. Dice che è con Freni in Piazza Cattedrale; li raggiungiamo?
  • Ok.
  • Ah, guarda amore. Sui social stanno parlando di quel caso dei segnali stradali.
  • Che dicono?
  • Un nuovo furto… A Lodovica, stavolta. Come al solito, tutto risolto in poco tempo.
  • Lodovica? Praticamente nella nostra provincia. Speriamo non si diffonda anche qui questa moda…
  • Tu stai indagando, secondo te chi c’è dietro?
  • Mi hai preso per un detective? Non ne ho idea, piccola, davvero. Certo, se lo scoprissi, verrebbe fuori un articolo per #BlogBoris!
  • Guarda che strano quel furgone!
  • Ma dove?
  • Nella traversa dietro l’angolo, lì dove non ci sono lampioni accesi. Blackout?
  • Probabile.
  • Ah ecco, gli operatori urbani sono scesi dal furgone… penso vadano per sistemare la centralina della luce. Sono solo in due, però…
  • Magari non è un lavoro così difficile. Dove hai detto che ci aspettano Freni e Sim?

Di nuovo mattina, casa di Mila. Chillout.

Mila è sotto la doccia, io seduto sul suo letto, mezzo vestito. Sento il rumore dell’acqua che gronda e lei che canticchia qualcosa sopra la traccia chillout che qui parte automaticamente ogni mattina fuori dalle casse dell’impianto stereo. Questa musica sta a Mila come a me Ray Charles. La aspetto, e prendo il tablet dalla borsa appoggiata ai piedi del letto, un attimo prima che il gattone ci si sieda sopra. Scorro le ultime notizie, aggiorno velocemente #BlogBoris con un post che avevo programmato ieri e tenevo tra le bozze, gratto la barba. Controllo le mail, la tipa del Rotocalco ancora non mi ha risposto.

  • Stasera c’è DIREZIONI! – urla Mila da sotto la doccia.
  • Si, mi ricordo!

La notizia del giorno, però, è un’altra.

 VIA KOTZI, PORTATI VIA DI NASCOSTO I SEGNALI STRADALI

Un gesto incomprensibile quello che stanotte ha portato ignoti a trafugare tutti i segnali dall’intero percorso di Via Kotzi, lasciando solo i pali, i passi carrabili e le transenne. Si pensa alla bravata di un gruppo di goliardi, smentita la pista della protesta all’amministrazione del quartiere. I residenti hanno sporto denuncia ed invitato il sindaco a far intervenire i vigili per agevolare la circolazione delle auto, ma negative sono state finora le risposte dal consiglio comunale (Georges Fortuna)

 I segnali stradali sono spariti anche da Irene!

Notte, casa di Boris, camera da letto. Fare le ore piccole scrivendo.

Ero un po’ scettico su questo DIREZIONI, ma alla fine mi è piaciuto. Certo, Mila ha applaudito più di tutti. Sono tornato a casa e ho fatto tardi per scrivere “a caldo” una recensione da pubblicare su #BlogBoris:

L’esibizione dei due italo-ucraini è un vorticare di sagome, un affastellarsi di figure, un intricarsi di movimenti e capriole. La scena, ridotta al minimo, ha solo una sedia di metallo ed un paio di grosse lanterne arancioni sul bordo interno del palchetto, a proiettare luci multicolore – gialle, verdi, rosse – verso gli artisti e per permettergli di creare ombre sullo sfondo, rigorosamente scuro; lui, Otto, ha quarantadue anni, una zazzera d’un biondo sporco, l’aspetto allampanato, e lei, Sandra, trentaseienne, lo sguardo verde, il fisico minuto ma perfetto. Si esibiscono in tuta nera attillata, il contorno degli occhi marcato da un filo di matita; protagoniste dello spettacolo sono certe forme geometriche appoggiate sulla sedia che l’uomo e la donna, sopra un mix elettronico da trance, lanciano e riprendono al volo attorcigliando in aria traiettorie di triangoli, cerchi, rettangoli, ottagoni, frecce, X, quadrati, giocando con le luci e le ombre, facendo rotolare gli oggetti sulle braccia, sotto le gambe, sopra la testa, dietro la schiena. È una lezione pratica di geometria, con le figure che prendono consistenza fuori dalla carta, si incastrano tra loro e creano teoremi in movimento. Gli artisti italo-ucraini sono nel mestiere da quindici anni, hanno studiato arti performative e circensi, messo in scena in spettacoli di piazza, ai festival buskers, in teatro. DIREZIONI è in tournée da quest’anno, ed è stato proposto nei teatri di Ines (gennaio 2015), Emilia (febbraio 2015), Hestia (marzo 2015), Miriana (aprile 2015), Lodovica ed Irene (maggio 2015), che dovrebbero essere un’eccezione – forse perché, effettivamente, sono due città vicine – dal momento che sembrano effettuare una tappa al mese.

Aspetta… Mi suona familiare qualcosa. Rileggo a fior di labbra. Sembra tutto ok, probabilmente solo un’impressione sbagliata.bLOGbORIS

Ho posato gli occhiali sul tavolo e mi sono coricato. Mila starà dormendo già da ore. Sono le 3. Domani mattina che cosa devo fare? La finestra l’ho chiusa almeno oggi? Un cane sta abbaiando, da qualche parte.

Un attimo… Ines, Emilia, Hestia, Miriana, Lodovica, Irene: sono le città dei segnali stradali scomparsi!

Tarda mattinata, casa di Mila. Quantomeno potevi chiamarmi!

  • Ancora non ci credo che sei uscito di casa alle tre di notte per andare ad appostarti in via Kotzi… quantomeno, potevi chiamarmi!
  • È stata una cosa improvvisata. La prossima volta ti passerò a prendere.
  • Sai che non mi tirerò indietro – mi bacia. – Comunque, erano gli italo-ucraini alla fine, eh?
  • Già, prendevano in prestito i cartelli stradali per allestire la loro scenografia ed usarli nello spettacolo.
  • Non ha senso: pensa che seccatura smantellare ogni volta tutti quei segnali e poi andarli a rimontare!
  • Che vuoi che ti dica… forse la loro è davvero avanguardia.
  • Abbiamo avuto un’ulteriore conferma che la tua vita non è esattamente normale. Inizierai a scrivere il romanzo?
  • Credo proprio di sì. Adesso ho ben chiaro come cominciare.

 Pomeriggio, casa di Boris. Nina.

È stato più facile e spontaneo del previsto. Quel treno delle occasioni non è mai stato così vicino, sembra quasi di sentirlo sferragliare sulle rotaie.

Ho cominciato il mio libro, e mi viene da ridere se penso che solo due giorni fa stavo in piedi con il tablet in mano ad aspettare che Ray Charles finisse la canzone, senza far nulla: mi sembra davvero che this old world is a new world and a bold world for me. Mi sento bene, come Nina Simone in Feeling Good. Oh freedom is mine and I know how I feel. 

È bastato che mi sedessi ed iniziassi a digitare sulla tastiera, con un font che ricorda il carattere delle macchine da scrivere:

CAPITOLO 1. In principio, dei segnali stradali. Ed è solo l’inizio…