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Milano Fashion Week, day 1: le mille sfaccettature della Primavera Estate 2017

Quella vista sulle passerelle nel primo giorno di ready-to-wear SS17 milanese è una moda dalle mille sfaccettature, che va verso un’unica direzione: rivelare mille diversi mondi che contengono ognuno una propria storia.

Nel défilé che ha inaugurato la Milano Fashion Week, Blugirl racconta una fiaba mediterranea e romantica, un’esplosione di chiffon colorato, stampe floreali dai rimandi esotici, pizzo Sangallo e trasparenze che rinnovano lo stile della maison. I cappelli da torero, per loro natura in nero, danno un tocco di  avventura, un’ispirazione  “wild west” dei giorni nostri.

Alessandro Michele non smentisce l’evoluzione in atto da Gucci, fatta di citazioni e iperboli, tessere del passato che si ricongiungono nelle sue creazioni. Ogni pezzo è un richiamo: i jeans a zampa (leit motiv nei suoi show) mostrano la sua predilizione ai Seventies, le luminescenze della gonna coperta di grandi paillettes rievocano gli anni ’80,  l’abito multicolor ricoperto di frange che celebrano i ruggenti Venti, fino alle camicie strette sul colletto e voluminose che sembrano uscire dalle corti fiorentine del 1500. E l’attenzione ai dettagli si libera nei fiocchi fitti, nelle stampe ferine e nei fili di perle delicate. Nell’atmosfera fantasmagorica ispirata dalle luci rosse in sala, compare l’opulenza tipica di Michele che ancora tarda a stancare.

Non c’è invece scalpore, né eccesso, nella collezione Primavera Estate 2017 di Alberta Ferretti, ma una celebrazione della femminilità. Le cinture western strette alla vita lasciano liberi i tessuti leggeri, le ricamate trasparenze e le balze voluminose. Le lunghe gonne gipsy teatrali contrastano i tailleur monocromatici ed eleganti, le spalle delle modelle, lasciate scoperte o velate dal pizzo, evocano una passionalità tanto candida quanto coraggiosa.

Da una tela intatta, bianca Fausto Puglisi idea la sua collezione, tingendola di stampe floreali, motivi geometrici, simboli e allegorie. Mostra il lato romantico della maison negli spacchi delle gonne lounguette chiusi da graziosi fiocchi e quello più rock con le grandi croci stilizzate che cadono sul petto delle modelle. Una collezione libera da limiti e costrizioni al punto che, intorno alla passerella, non ci sono file e sedute ma solo l’opportunità di essere immersi nell’energia degli abiti.

I mille mondi di Roberto Cavalli, nati dalla creatività di Peter Dundas, danno una forma alla sensualità. Sono suggeriti da uno spirito nomade che mescola il neo-patchwork ai motivi navajo e apache fino a vagabondare verso le linee orientali del kimono. I pantaloni a zampa, intramontabili, salgono sulla passerella insieme a top baby-doll, al pizzo trasparente degli abiti risaltati dalle cuciture in oro e ai pantaloni in denim patchwork multicolore.

La “Alice in Ghettoland” di Philipp Plein (così ha definito la donna della sua collezione) vive invece in un mondo fatto di graziose casette, enormi palloncini rosa e nani da giardino. Un idillio suburbano anni ‘50 confuso ad un tono street, confermato dall’entrata in passerella della pop star Fergie. I modelli si susseguono in denim e in pelle,  decorati da stampe e completati da catene d’oro pesante e tessuti broccati.

Plein, a fine sfilata, dà la notizia che questa sarà l’ultima Milano e che in futuro sfilerà a New York. Ma non lascerà la città: ha da poco aperto un nuovo store di 3.000 metri quadrati per il suo nuovo marchio di lusso activewear, Plein Sport.

 

 

Martina Salvadeo

Credits Immagini: Vogue IT, Vogue Australia

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